Scende la sera, immobili sono i prati. Il gorgogliare del ruscello assetato silente tutto il giorno si leva di nuovo. Abbandonata è la quasi falciata pianura, silenziose le stoppie..........E lontano sul puro orizzonte vedi pulsante per la prima stella il liquido cielo sopra la collina.

giovedì 11 novembre 2010

La scatola della memoria


Due amici Alessandro e Maddalena mi hanno dato l'idea di scrivere questo post: cosa metterei in una scatola dei ricordi se volessi lasciarli in eredità o portarmeli dietro in un ipotetico viaggio lontano da casa anni luce. Cambiare continente, luogo di lavoro o di vita, partire lontano e poter portare con se pochissime cose. Scegliere cosa salvare da un incendio o da una alluvione, dover operare una cernita forzata perchè tutto non si può salvare ne trasportare se cambi vita o nazionalità, o se vuoi vivere. Non è facile fare scelte così drastiche, alcuni sono morti durante un incendio per salvare più che una vita, una fotografia od un oggetto. Io possiedo una cappelliera di cuoio di mia nonna materna dove ho riunito gli oggetti più cari, lettere, guanti, foulard, pietre, una calamita, un orologio, fotografie, perfino una fionda fatta con un pezzo di legno e degli elastici, delle biglie ed un numero mezzo stracciato di Topolino, un quaderno con delle cartoline e perfino una bottiglia contenente ancora un liquido pieno di lustrini e la sagoma del Ponte Vecchio di Firenze che ci galleggia dentro. Ma ci sono oggetti che non entrano in quella scatola ormai ricolma e che parlano di me più di qualsiasi altro. Un peluche senza orecchie che tengo in un cassetto per esempio, un vestito che indossavo quando mi è successo qualcosa di particolare da ricordare per sempre fine alla fine dei giorni. Le fotografie sono ormai le dittatrici dei ricordi. Regolano il traffico del tempo che passa. Ma ho in mente una pochette di mia madre che portava sempre con gli abiti da sera a Capodanno od alle serate danzanti rigorosamente in lungo. Un paio di scarpe che la slanciavano lei così complessata di essere bassa di statura accanto ad un uomo alto 180 cm. Io da bambina provavo a camminarci ma risoluta mi ripromettevo di non comprarne mai neppure un paio tanto erano scomode. Ne ho comprate invece ma le indosso raramente. Sembro un ippopotamo che indossa le scarpette da ballo come nel film "Fantasia" di Walt Disney. Anche da magra ero goffa e ridicola quindi è meglio non portarsele dietro certe scarpe, finirebbero per essere un soprammobile vintage tipo pop art. Ci sono anche due palline decorative dell'albero di Natale, comprate alla Rinascente nei primi anni '70, talmente belle e delicate da essere tenute al sicuro in una vetrinetta. Sciocco non godersele sull'albero ma se si rompessero......questo nostro attaccamento ai ricordi a volte ha del patologico. Certi oggetti diventano più importanti delle persone stesse che li hanno indossati o vissuti e questo non fa bene alla loro memoria. Io ricordo una sera d'estate 6 mesi prima che morisse mia madre, fuori città, presso una trattoria. Rientrando a casa abbiamo percorso 2 chilometri a piedi perchè era una sera dolce e la strada era affiancata da un bosco e da rare case di montagna. Ad un certo punto abbiamo visto nel sottobosco mille luci e non più abituate a vedere le lucciole inizialmente ci siamo spaventate. Quando abbiamo realizzato che non era uno scherzo e ci siamo rese conto di quello che stavamo vedendo abbiamo perso la parola, ci siamo prese per mano e siamo rimaste ferme ad ammirare quello spettacolo. Mio padre ci aspettava con la macchina 2 km circa più avanti e non vedendoci arrivare si era preoccupato ma fortuna per noi non è tornato indietro a prenderci. Ci siamo beate di quel paesaggio da favola, non avevamo ne cineprese ne macchine fotografiche tranne i nostri sensi. La vista sopra tutti. Quando è morta il gennaio successivo ho pensato che fosse stato il saluto della terra ad una persona buona che la lasciava e quella sera d'estate così speciale che avevamo vissuto io e lei insieme era il suo commiato alla vita. Avevo pochi ricordi condivisi solo con lei e quel dono inaspettato vale tutte le cappelliere di questo mondo, vale tutte le fotografie, gli abiti, le lettere ricevute, perfino la calamita del mio bisnonno. Mi rendo conto che è il tempo trascorso insieme, le emozioni condivise, una risata comune, una passeggiata ricca di imprevisti e scoperte che avvicinano due anime anche quando i corpi sono separati anzi tempo valgono tutti gli oggetti del mondo. Ho messo all'anulare di mio nonno materno una veretta d'argento perchè la sua l'aveva donata alla patria per motivi che non condividevo. Dopo tre mesi dal suo funerale ho cominciato a cercarla in camera, nei cassetti come una forsennata. Quando mia madre in quell'occasione mi ha ricordato il dono che avevo fatto per poco non sono esplosa in un pianto a dirotto. Se dopo tre mesi mi ero scordata di quel gesto dopo un anno non avrei più ricordato neppure il suo volto, la sua voce, ero disperata! Mi sono calmata solo quando mia madre sorridendomi e per nulla preoccupata mi ha risposto: " Tu il nonno Camillo non lo dimenticherai mai neppure se fossi colpita da un ictus o da una trombosi ne perderesti del tutto la memoria" Il paradosso mi consolò e soprattutto compresi che non esiste oggetto che ti possa restituire quello che i sentimenti fissano a fuoco nella tua memoria, anche le esperienze più belle le conservi dentro di te ed un oggetto al massimo apre lo scrigno della tua mente e del tuo cuore proiettandoti in tempi e luoghi che ormai sembravano oscurati o perduti per sempre. Prima di andare a dormire mio nonno trascorreva molto tempo con me mentre studiavo. Lui scriveva e leggeva per conto suo ed io pure eppure eravamo così vicini e ci sentivamo così bene che alla fine quando lui si alzava per prepararsi al sonno si avvicinava a me e mi accarezzava la testa o la spalla salutandomi in silenzio. Ecco di lui mi mancano quei tocchi lievi sulla spalla e sul capo, quella certezza che esistendo insieme eravamo una forza unica della natura umana, tanto ci conoscevamo e ci intendevamo, io bambina e poi ragazza e lui un vecchio uomo che aveva mostrato interesse e pazienza infinita per chi si stava affacciando alla vita. Ben vengano le scatole della memoria ma la migliore resta sempre il mio cervello, la mia anima cui bastano un suono, una canzone, un profumo, un gesto, un colore per risuscitare momenti di vita vissuta che mai potranno lasciarci. Così continuano a vivere insieme a noi le persone che abbiamo amato, anche una parte di noi stessi e seppur privi di corpo possiedono la forza di quella vita che hanno condiviso per un breve o lungo tratto. Noi stessi cambiamo e ritrovandoci restiamo sorpresi di come eravamo, di quello che pensavamo, di quello che abbiamo fatto o scelto di fare. Mai concedere ai rimpianti il diritto di parola ne permettere ai rimorsi di rovinare un bel ricordo, mai dare alle scatole il potere di contenere e conservare quello che non è più percepibile con i sensi ma lo è immensamente con lo spirito. Mai relegare in un angolo, nell'oscurità od in un cantuccio le emozioni e salvare ciò che le rappresentano come fossero esse stesse i sentimenti e non solamente il logo "pubblicitario". Io mangio i biscotti non la casa che li produce mi vien da pensare visto che li ho davanti agli occhi e mia figlia mi sta tentando. Buona cena a tutti e megglio soprassedere quando lo stomaco comincia a brontolare, soprattutto quello di una bambina. Il dovere mi chiama!

2 commenti:

  1. Io vivo nel presente, spesso preoccupata, se non addirittura angosciata, per il futuro. Sono stata sempre così, preoccupata per il futuro che vorrei poter "organizzare" per non essere impreparata nei momenti di difficoltà, vorrei avere sempre tutto sotto controllo e sapere quale soluzione applicare ai vari problemi. Ed il futuro che più mi preoccupa è quello dei nostri giovani, anche perchè, più che temere, ho la certezza che li aspetti un futuro carico di problemi. Non riesco neanche più a pensare al passato, se non per certi eventi della mia vita sentimentale di adolescente. Perciò più che una scatola dei ricordi io vorrei la palla di vetro per conoscere il futuro!

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  2. Anni fa comprai una sfera di puro cristallo in un negozio new age. Per un po' di tempo la usai come fermacarte ma temevo che rotolasse giù dal tavolo e la riposi in un piccolo cassetto di una scrivania, sai quelle piene di doppi fondi e spazi inverosimili che ti chiedi per cosa possano tornare utili. Il futuro di quella sfera era segnato per sempre fino a quando non la vide mia figlia e riprese ad usarla come un gioco. Tutto questo per dire che il futuro lo scrivono le nostre azioni, alcune le programmi altre non sai quanto incideranno sulla dinamica dei giorni futuri, sul loro contenuto. Io non temo il futuro ho registrato nei geni un certo fatalismo noncurante all'apparenza ma credo sia un mezzo per sopravvivere alle preoccupazioni, alla paura, ai timori infondati o meno verso il futuro. Non avrei mai desiderato un figlio, ne l'avrei partorito senza essere incondizionatamente priva del concetto di futuro. A volte lo immagino, da bambina è più naturale farlo perchè senti di disporre di una quantità enorme di giorni e di ore. Ma controllarlo quello ho imparato presto che è impossibile. Ti dibatti, crei frangiflutti, reti di protezione, ti riempi la casa di compresse sublinguali per evitare che il tuo cuore scoppi senza lottare e tentare di fermarlo quando inizierà a scoppiare. Controlli la vita degli altri e poi all'improvviso ti scivola via dalle dita come sabbia, si trasforma in qualcosa di evanescente ed impalpabile. Dovevo essere al lavoro il giorno in cui mio padre ebbe un arresto cardio-respiratorio, di solito rientravo il pomeriggio da Milano, una serie di circostanze mi fece essere proprio lì al momento e nel posto giusto e riuscii a salvarlo. Non puoi controllare il destino di nessuno men che meno quello di coloro che ami, figurarsi il proprio. Non mi piace neppure credere solo nell'attimo fuggente, nel presente, o rinvangare il passato vivisezionandolo per dare una spiegazione, un senso al presente. Il passato non sistema il presente, serve solo a comprendere quale sia stato il sentiero percorso, a risentire il rumore dei tuoi passi, ma non cambia nulla. Il futuro io lo incontro ogni giorno negli occhi di L. e lo osservo incuriosita. Il futuro non ha un colore o un sorrriso da inviarti, solo uno sguardo stupito verso quello che vede per la prima ed ultima volta, come osservare un non luogo privo di tempo e, quello sguardo vuoto e pieno allo stesso tempo ti buca l'anima con il suo stupore. Ho visto quello sguardo negli occhi di chi sta per morire innumerevoli volte facendo il mio lavoro ed in chi nasce, è identico Ornella e, questo mi lascia sempre senza fiato perchè in quei due momenti il futuro si svela per un attimo per poi riscomparire e lasciare spazio solo a fantasie e riflessioni filosofiche o teologiche, per vestirlo con i nostri colori, le nostre parole, per non averne paura. Il caso ci spaventa a tal punto che abbiamo creato le religioni per placare i nostri incubi. Perfino chi ci crede veramente ed ha profondamente nel suo animo il concetto di fede e di Dio teme il futuro sulla terra perchè l'unico che ha garantito lo vivrà solo dopo essere morto.

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