Scende la sera, immobili sono i prati. Il gorgogliare del ruscello assetato silente tutto il giorno si leva di nuovo. Abbandonata è la quasi falciata pianura, silenziose le stoppie..........E lontano sul puro orizzonte vedi pulsante per la prima stella il liquido cielo sopra la collina.

sabato 24 settembre 2011

Figli


Un dubbio che a volte si trasforma in ansia. Magari guardando i nostri figli correre nel parco, o salutarci prima di andare al cinema: che fine faranno? Perchè è inutile girarci intorno, la crisi globale fa paura a tutti. Dall'investimento sulla cultura all'educazione alle regole, dall'esempio familiare alle nuove tecnologie, senza certezze ognuna ha la propria ricetta. Le nuove generazioni lavorativamente si ritroveranno in mare aperto ed una cosa che può agevolarli sarà abiturali a collaborare con gli altri.L'esatto contrario che si insegna nella scuola italiana. Materie come matematica e filosofia che aprono la mente, od anche sport di squadra, il coro, tutti utili per insegnare a stare insieme ed a collaborare con i loro simili ai bambini. I bambini di oggi sono una generazione senza eredità, dovranno ricominciare da loro stessi investendo sull'educazione. E' come se fossimo nel dopoguerra, nell'anno zero della ricostruzione. Così leggo in un articolo di Io Donna e non posso che essere della stessa idea. Guardando intorno a noi si scoprono ostacoli culturali più che tecnici, difficoltà ad aprirsi al mondo ed all'altro inteso come cultura e, non da ultima, la paura e l'incertezza per il domani devono essere uno stimolo e non una prigione per i progetti futuri dei nostri figli.

venerdì 16 settembre 2011

Amore e psicoanalisi: l'arte di concepire la realtà e di raffigurarla oltre che di viverla.

Pigmalione quanto lodar ti dei
de l'imagine tua, se mille volte
n'avesti quel ch'i sol una vorrei.
Così scriveva Petrarca, contemplando il ritratto di Laura. Ma qualsiasi cosa lui ne pensasse, Pigmalione non era un artefice, forse non sapeva neanche disegnare. E non ebbe neppure quell'invidiabile sorte che Ovidio gli attribuisce, nessuna divina creazione prese vita -nel verso senso della parola- sotto la carezza delle sue mani. Ciò che Ovidio, e dopo di lui molti altri poeti, vollero scambiare per un magico potere, era soltanto debolezza, mania. Sembra infatti che Pigmalione fosse un re di Cipro, il quale si innamorò perdutamente di una statua di Afrodite.Solo il delirio erotico del re riuscì a trasformare una statua scolpita nella più perfetta fra le donne. La sua magia era malattia, illusione. Peraltro non fu l'unico, Pigmalione, a innamorarsi di una statua. Prassitele -colui che con la gloria del marmo superò persino la sua stessa gloria di bronzista- aveva scolpito due Afroditi, una velata ed una nuda. Manco a dirlo ci fu chi si innamorò di entrambe le statue......per non parlare di un pittore che si innamorò della fanciulla da lui dipinta.....e via dicendo. Non possiamo dimenticare Norbert Harnold, un giovane archeologo tedesco,che si "innamora" di un antico bassorilievo femminile, che rappresenta una fanciulla in atto di camminare. Ciò che più lo colpisce è il passo di lei, il modo in cui graziosamente inarca il piede nel suo incedere. La ribbattezza perciò la "Gradiva" colei che cammina. Nel mito della psicanalisi il potere di Pigmalione si chiama dunque "abbandono della rimozione", ovvero il dono della vita all'immagine e guarigione dalla delusione della realtà. Solo che la metamorfosi non investe il ritratto, ma il soggetto amante. Pigmalione, Norbert... sono affetti da delirio isterico? All'inizio di ciascuno di essi c'è infatti la stessa, inquietante sostituzione: un ritratto val meglio ell'amante, l'icona vien prima del referente. Prima sia dal punto di vista temporale, quando il ritratto è destinato a trasformarsi in amante, sia dal punto di vista gerarchico, quando l'amante antepone un'effige alle creature reali. Un amante, un amato e un ritratto: il numero delle pedine può essere ridotto ed il gioco non ne soffrirà. L'amato può anche uscire di scena salvo rientrare per intercessione di Venere o della psicoanalisi, ma comunque è superfluo: il ritratto è più che sufficiente!
Se nel suo oggetto d'amore, l'amante va in cerca della perfezione, allora nessuna donna umana e reale può reggere il confronto con l'artificiosa compiutezza di un'effige. Ovidio esperto d'amore metteva esattamente la cosa in questi termini. Secondo il racconto delle Metamorfosi una specie di stanchezza aveva preso Pigmalione per il sesso femminile, offeso dai vizi che la natura assegna in gran numero alle donne. Per questo l'artefice si era rifugiato nella sua arte eccezionale per costruire da solo il simulacrum di ciò che non trovava altrove e, se ne era innamorato. Naturalmente non vorremmo che l'amante paradossale rischiasse a questo punto la stendhaliana, maniacale, condizione dell'uomo deluso perchè aveva visto una piega sulle calze di lei.....ma di certo colui che si innamora della statua si chiami Pigmalione, Norbert o Alceta ha poca importanza, perchè accetta di sostenere su di sè un paradosso crudele: che nulla di umano merita di essere amato, che nulla di umano è degno del suo amore. Per cui non resta che innamorarsi di n'immagine ideale costruita da un artefice di straordinaria bravura. E' il paradosso della pietra, del bronzo, dell'avorio: freddi e perfetti, come caldi ed imperfetti sono gli esseri reali. Una statua non partecipa all'amore, certo, ma come sappiamo essa non è soggetta neppure all'invecchiamento ed alla perdita della bellezza. Quell'immagine val più del suo sembiante, l'immagine non fa semplicemente parte di una persona, lo è direttamente. L'immagine non rimpiazza nulla, non c'è pothos o desiderium in lei, c'è per così dire realtà. Probabilmente sta qui in questo scambio la malattia che caratterizza gli amanti paradossali. Le cosiddette persone sane sono disposte ad ammettere più o meno esplicitamente che nel ritratto la realtà stinge sul segno: i malati o i pazzi appaiono invece convinti del fatto che sono i segni a stingere la realtà.