Scende la sera, immobili sono i prati. Il gorgogliare del ruscello assetato silente tutto il giorno si leva di nuovo. Abbandonata è la quasi falciata pianura, silenziose le stoppie..........E lontano sul puro orizzonte vedi pulsante per la prima stella il liquido cielo sopra la collina.

domenica 6 febbraio 2011

Libri

Ore un brano in cui lo scrittore si identifica nel camoscio:

"Un rifugio del re dei camosci era sotto un mugo, scavato da lui stesso con le corna e le zampe. Era un'arte sconosciuta al branco, lui l'aveva imparata per nascondersi. la sua specie sapeva grattare la neve con gli zoccoli per cercare un po' di erba sbiadita. lui aveva imparato a smuovere la terra. Si era infilato sotto un mugo la prima volta per sfuggire all'odore di un uomo vicino. quando era passato, aveva tolto dei sassi con le zampe e si era ricavato un buon riparo. sotto il tetto di rami alzava il muso di notte verso l'alto del cielo, un ghiaione di sassi illuminati. A occhi larghi e respiro fumante fissava le costellazioni, in cui gli uomini stravedono figure di animali, l'aquila, l'orsa, lo scorpione, il toro.

Lui ci vedeva i frantumi staccati dai fulmini e i fiocchi di neve sopra il pelo nero di sua madre, il giorno che era fuggito da lei con la sorella, lontano dal suo corpo abbattuto.

D'estate le stelle cadevano a briciole, ardevano in volo spegnendosi sui prati. Allora andava da quelle cadute vicino, a leccarle. Il re assaggiva il sale delle stelle."

Libri

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" L'uomo passò duecento metri d'aria sotto il branco. Non poteva vederlo,molti salti di roccia più in su. Nessun senso gli dava la certezza che c'era. sono scarsi i sensi dati in dotazione alla specie dell'uomo. Li migliora con il riassunto dell'intelligenza. Il cervello dell'uomo è ruminante, rimastica le informazioni dei sensi, le combina in probabilità. l'uomo così è capace di premeditare il tempo, progettarlo. e' pure la sua dannazione perch dà la certezza di morire. quel giorno di novembre l'uomo sapeva di rasentare il termine. Poteva essere l'ultima volta dietro il branco, oppure la penultima. l'uomo non sopporta la fine, dopo averla saputa si distrae, spera di avere sbagliato previsione.

Era giusto per lui finire sulle rocce, come un re dei camosci, un re minore. Sorrise, perchè lo sapeva soffiare nell'armonica, il re minore."

Commento al libro pagina 25:- Il peso delle farfalla- di Erri De Luca





Paola Palmaroli Mi ha colpito la riflessione sull'uomo ed il rapporto con il tempo, la conoscenza della sua fine implica una rimozione od una variazione del tema della vita vissuta. I primi capelli bianchi, le rughe, il ventre afflosciato, le ,simili alle ...orecchie di un cane, pelle avvizzita ma soprattutto la paura di scendere irrimediabilmente la china di un monte che non riconosciamo più come il nostro, non ne vediamo più i sentieri. La paura della vecchiaia fa fare strane cose e la chirurgia estetica è solo un effetto macroscopico della corsa verso una giovinezza perduta come ai saldi il primo giorno. Strano l'essere umano, temendo la sua mortalità condanna i suoi sensi a percepire tutto intorno a sè come una gigantesca immagine pubblicitaria corrosa dalle intemperie e dall'indifferenza altrui. Mia madre si tingeva i capelli di rosso, lei mora e con occhi verde-grigio.Fortunatamente non era ancora di moda il ritocco chirurgico ne il botulino ed aveva dalla sua la bellezza sia della giovinezza che quella genetica che non muore mai neppure con una malattia cronica che ti debilita e distrugge. Sarebbe invecchiata bene perchè aveva coltivato anche la sua anima e la bellezza di giorni lontani si sarebbe scorta anche tra le rughe o la pelle non più luminosa. Aveva gli occhi ed il viso di chi molto aveva vissuto ed amato, una bellezza antica, quella dell'anima..........Oggi sento i discorsi di chi non si può permettere ritocchi continui ma con il fai da te cerca di vestirsi come le proprie figlie di 15-20 anni e regala alle poverine vestiti da 30-40 anni. Una crudeltà sottile, cercare di invecchiare e snaturare la giovinezza ed una imbecillità senza uguali infilarsi in abiti che non appartengono più all'età ed al corpo che ci si ritrova. La gelosia e l'invidia di una madre verso la propria figlia è il sentimento umano peggiore ch'io conosca eppure c'è, è palpabile. Si invitano le fanciulle a considerare come termini di paragone modelli impossibili da raggiungere se non strenuamente con l'anoressia, le si invita a prostituirsi per andare in pensione a 30 anni con bonifici continui e regali munifici per compensare cosa? La propria avidità e paura.........Per gli uomini il discorso si fa più complesso e meno ridicolo: Peter Pan a 40-50 anni non si sarebbe mai comportato come un deficiente, inoltre i bambini sono più saggi e pazzi degli adulti, hanno in loro il seme della genialità e non quello dell'irresponsabilità. I bambini sono privi del senso della morte e del pericolo, si mettono in situazioni pericolosissime senza rendersene conto, gli adulti lo fanno per sembrare giovani e ci lasciano le penne! Le moto e le macchine diventano il botulino e le protessi mammarie delle donne, le giovani fanciulle al seguito la carrozzeria e gli interni in pelle od in radica di noce scelti per le quattro ruote. Qualcuno teme che la vecchiaia significhi esclusione, isolamento, solitudine......anche questo è vero dipende dalla società in cui si vive e dal rispetto verso un'età dell'uomo che porta con se una calma che la giovinezza può scordarsi, una consapevolezza ed una ricchezza di contenuti che il vaso in cui si immergono i giovani per abbeverarsi al loro futuro non contiene neppure una stilla. Ci sono ancora culture in cui i vecchi sono non assistiti ma tenuti in così gran considerazione da farli sentire giovani perchè vivono circondati dai giovani, i bambini vengono affidati a loro e non a baby sitter poco più grandi o peggio ancora alla TV. Ho sentito la descrizione di vecchie che andavano al sabato sera in balera per trovare un compagno con cui trascorrere insieme gli ultimi periodi della loro vita, vestite d'oro e d'argento, di piume e trucchi grotteschi, Fellini sarebbe andato a nozze con questo tema........gli uomini invece da anziani vogliono la badante o la ragazzina al seguito che li renda simili a Matusalemme ed a Valentino nello stesso tempo. Parrucchini, riporti di vario tipo, aiuti farmacologici, un amico di mio padre taxista è morto recentemente per aver assunto troppo Viagra i cui effetti collaterali sono l'infarto tanto per citarne uno a caso! Sulla testa di mia figlia l'anno scorso è comparsa una ciocca bianca di capelli, proprio sulla fronte e qualcuno mi ha invitato a tingerla, per poco non rido o peggio non lo insulto, mi sono trattenuta a fatica. Se le diventassero i capelli tutti bianchi con l'età che si ritrova nella pelle e nel corpo sembrerebbe una fata e sarebbe splendida comunque. Sono atterriti dai segni del tempo e non sanno neppure più interpretarli. Il camoscio che viene chiamato la capra delle rupi vive meglio di noi, perfino di un cacciatore che lo cerca invano per fare onore alla sua orribile professione uccidendolo e mostrando quanto è forte e abile nel raggiungere le cime e finire il re del branco. Nella morte di un animale come nella nostra c'è sempre un po' di autocompiacimento da parte del cacciatore sia esso un umano o disumano, la virilità si misura anche in guerra come durante l'età della pietra o del ferro con trofei, teste mozzate, parti del corpo vinto e fatto a brandelli, pensiamo alle teste degli animali impagliate ed a quelle degli umani mummificate da tribù ancora esistenti della Nuova Guinea. Il cannibalismo una volta era aborrito e condannato oggi ha altre sfumature, si divora l'anima uccidendo l'involucro che la contiene con tutti i mezzi possibili, alcuni fanno tutto da soli infliggendosi prove disumane per diventare l'ombra o la maschera di sè stessi. A74 anni c'è chi vorrebbe morire con sopra di sè una ragazza di 16-17 anni, qualche decennio fa si pensava ad una trent'enne, oguno è libero di vivere e morire come più gli aggrada questo è il nuovo comandamento e fare la figura dei cretini nei confronti dell'intero universo conosciuto e sconosciuto poco importa! la materia invisibile di cui parlano gli astronomi sembra essere visibile più che mai nei nostri neuroni e non produce energia come la prima ma crea voragini nello spazio e nel tempo dei nostri pensieri. Il pensiero umano quella meraviglia che ci ha permesso di evolverci è un'arma a doppio taglio perchè ci ha reso più crudeli e disumani dei nostri progenitori che usavano la laringe come nuovo strumento di comunicazione ed i graffiti rupestri come libri per trasmettere i loro sogni e le loro preghiere, le loro storie e ne avevano tante, le loro vittorie e la sorpresa di conoscere il mondo che li circondava oggi in noi completamente spenta a vantaggio delle paure e dei fantasmi che si annidano come serpi nelle nostre veglie e non più solo nei nostri incubi. Abbiamo trasformato i nostri peggiori incubi in realtà, i nostri sogni in statue di pietra ed il brano sulla caccia al camoscio descritto da Erri De Luca del suo racconto aiuta a capire che oggi è meglio nascere camosci che uomini!

poesie


Un augurio con queste poesie per tutti gli amici poeti ed i viandanti anonimi che passano da questo blog: che il prossimo futuro vi porti ovunque desideriate e che i vostri occhi indossino sempre quegli occhiali speciali della curiosità e dell'innocenza che rendono tutto poesia.
Di questo autore esiste in rete un sito molto ricco ed interamente dedicato: http://www.wilcock.it/
Vale la pena visitarlo.
Juan Rodolfo Wilcock nasce il 17 aprile 1919 a Buenos Aires, da padre inglese e da madre argentina, ma di origine italiana e svizzera.
Frequenta la facoltà di Ingegneria Civile nell’Università di Buenos Aires da cui si laureerà nel 1943.
Parteciperà alla ricostruzione della ferrovia Transandina e alla costruzione della linea ferroviaria San Rafael-Malargue, come ingegnere delle Ferrovie dello Stato, ma si dimetterà già nel 1944.
Infatti già nel marzo del 1940, esce la sua prima raccolta di poesie, Libro de poemas y canciones, che ottiene prima il Premio Martín Fierro dalla Società Argentina degli Scrittori, e poi, nel marzo del 1941, anche il Premio Municipal, e dal 1942 al 1947 dirigerà le riviste letterarie Verde Memoria e Disco.
Tra il 1941 e il 1942 stringe una solida amicizia con Silvina Ocampo, Adolfo Bioy Casares e Jorge Luis Borges.
"Questi tre nomi e queste tre persone - scriverà Wilcock, anni dopo - furono la costellazione e la trinità dalla cui gravitazione, in special modo, trassi quella leggera tendenza, che si può avvertire nella mia vita e nelle mie opere, a innalzarmi, sia pur modestamente, al di sopra del mio grigio, umano livello originario.
Nel 1951 inizia un lungo viaggio in Europa, assieme a Silvina Ocampo e Bioy Casares, iniziando una attività di traduttore a Londra presso la B.B.C.
Successivamente a Roma insegna letteratura francese ed inglese, collaborando all'edizione argentina dell'Osservatore Romano.
Ha tradotto in spagnolo più di trenta libri dall'inglese, dal francese, dall'italiano e dal tedesco.
In Italia Wilcock stringe amicizie con personaggi come Alberto Moravia, Elsa Morante, Ennio Flaiano, Ginevra Bompiani, Luciano Foà e scrive per giornali come La Nazione di Firenze, il settimanale L'Espresso, e per i quotidiani romani La Voce Repubblicana, Il Messaggero, Il Tempo e altre riviste letterarie.
Nel 1975, Wilcock chiede la cittadinanza italiana. Con decreto del Capo dello Stato, gli viene concessa post mortem il 4 aprile 1979, infatti muore il 16 marzo del 1978 nella sua casa di campagna, nel Comune di Lubriano, in provincia di Viterbo, nell’Alto Lazio.
Verrà sepolto a Roma, nel cimitero acattolico vicino alla Piramide.
Numerose le sue pubblicazioni tradotte in Italiano, Inglese, Francese e Tedesco.

COMUNQUE SIA QUESTO MONDO E' PER TE
Comunque sia, questo mondo è per te.
Mi sono domandato molte volte
a che serviva, e non serviva a niente,
ma adesso grazie a te ritorna utile.
Fa il conto della merce abbandonata
da Dio e prendila, l’hanno fatta per te
millenni di uomini che non ti conoscevano
ma che cercavano di prefigurare
in templi e tombe di roccia e biblioteche
uno stupore come quello che effondi
quando sorridi e fai fermare il tempo
e tutti ammutoliscono rapiti
e ti alzi e dici, «io me ne vado a letto».
Dormi, al risveglio sarà lì il tuo retaggio:
una città che fu famosa assai,
un fiume sporco cantato dai poeti,
il cinema dove hanno ucciso Giulio Cesare;
e intorno valli, montagne, mari, oceani,
e capitali, e continenti e selve,
e piramidi, e versi, e adoratori
della tua forma esterna o quella interna
e in alto il cielo e il sole e le stelle e la luna
e sulla terra le bestie ubbidienti
a te che infine vieni a giustificare
la loro straordinaria varietà.
È FRANCIS TURNER - EDGAR LEE MASTERS

Non è solo il racconto di un ragazzo malato, in fondo.
E' anche quello di un malato della vita: ce ne sono molti la cui anima è fuggita, mentre loro continuano a vivere.
Amaramente.
FRANCIS TURNER
Io non potevo correre né giocare
quand'ero ragazzo.
Quando fui uomo, potei solo sorseggiare alla coppa,
non bere-
perché la scarlattina mi aveva lasciato il cuore malato.
Eppure giaccio qui
blandito da un segreto che solo Mary conosce:
c'è un giardino di acacie,
di catalpe e di pergole addolcite da viti-
là, in quel pomeriggio di giugno
al fianco di Mary-
mentre la baciavo con l'anima sulle labbra,
l'anima d'improvviso mi fuggì.


dall'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters

NON C'E' - MAURO GERMANI


Non c'è - non ci sarà più
Livorno
o forse soltanto
qualcuno che scrive
su un piccolo foglio,
un'ombra lontana
che segna,
che macchia la terra.




Mauro Germani ha conseguito il 2° Posto Assoluto al Concorso di poesia L’ANTICA BADIA SAN SAVINO, Edizione 2010 conclusosi nello scorso Settembre.
Queste le motivazioni della giuria:
Tempo e destino sono le chiavi tematiche di LIVORNO di Mauro Germani: la memoria del poeta fissa frammenti di realtà isolati, possibili cellule di purezza e pienezza, "destino vero"; ma l'evocazione subito patisce il proprio trascoloramento, conosce la propria precarietà, il precipizio del tempo. L'indecifrabile necessità del nesso fra "leggenda" come premessa luminosa e la sua dissoluzione nell'irreale ha come sua pronuncia più appropriata un tono sommesso di monologo: la sobria asciuttezza del verso, grazie spesso alle figure di ripetizione, si vena e si anima di accorata mestizia.







QUESTA E' LA MIA CASA - MARIO BENEDETTI
Quello di cui non c'è davvero dubbio, è che Mario parli della sua patria.
La parte più pregevole di questa poeis, intesa come piccola perla da ammirare e su cui meditare, è nell'incipit:
"Non c'è dubbio. Questa è la mia casa
qui avvengo, qui
mi inganno immensamente."
Provate a leggere a voce alta, lentamente, girandovi le parole in bocca: non provate anche voi il senso di appagamento che il poeta vuole trasmettere?
E' questa la potenza della poesia, quando la poesia è potente.



QUESTA E' LA MIA CASA



Non c'è dubbio. Questa è la mia casa
qui avvengo, qui
mi inganno immensamente.
Questa è la mia casa ferma nel tempo.

Arriva l'autunno e mi difende,
la primavera e mi condanna.
Ho milioni di ospiti
che ridono e che mangiano,
s'accoppiano e dormono,
giocano e pensano.
milioni di ospiti che si annoiano,
che hanno incubi e attacchi di nervi.

Non c'è dubbio. Questa è la mia casa.
Tutti i cani ed i campanili
ci passano di fronte.
Ma la mia casa è sferzata dai fulmini
e un giorno si spaccherà in due.

E io non saprò dove ripararmi
perchè tutte le sue porte danno fuori dal mondo.

da Soltanto nel frattempo 1948-1950



LA PAGINA FINALE - RODOLFO VETTORELLO
Autore fecondo, apprezzatissimo ovunque pubblichi, le sue poesie sono pervase da quella malinconia propria degli scritti della maturità con predominanza dei temi del tempo e dei ricordi, dell'amore e della morte.
E - tema nel tema - è sempre presente la vita, raccontata con sobrietà, metrica inappuntabile, sentimenti e afflato.

LA PAGINA FINALE

Se mai dovessi
scegliermi un luogo e un tempo per morire,
vorrei che fosse dove e come adesso,
con questa luna bianca appesa in cielo
e una laguna come di metallo.
Che fosse proprio in questo tempo d’ora
e in questo istante che non ho paura.
Vorrei sembrasse come andare lungo
le mulattiere a lato degli stagni
e per sentieri persi tra le canne.
Che fosse come un viaggio solitario
in una notte chiara come questa
che non è tardi ma non è più sera.
Vorrei seguire i passi solitari
dei cacciatori all’alba che si acquattano
per insidiare le anatre di passo.
Straziante questa attesa che finisca
la pagina di un libro che si chiude.
Io leggo sempre adagio; non so farlo
che sillabando, come gli scolari
e quando arrivo al fondo del manuale
rallento perché duri un altro poco
il tempo della pagina finale.

NON TORNARE A PADOVA - GIANNI GRILLO

NON TORNARE A PADOVA


Dovessi tornare a Padova
in un giorno di pioggia
non ti sognare di scendere
nella cripta del Santo

Non lo fare ti prego

C'è un volo d'airone
sospeso nel vento

Davanti a una candela accesa
c'è il mio pianto
e poi nell'aria volano ricordi
come farfalle dalle ali grigie

E non voglio che si sappia

postato da: NATACARLA alle ore 00:46 | Permalink | commenti
categoria:autori italiani, grillo gianni, - dei ricordi, - di luoghi, - di religione, tipo post poesie, - di pensieri
lunedì, 05 aprile 2010
STUPIDITA'
Chiedo perdono agli autori qui presenti.

...............




STUPIDITA'


Questa mattina
bramo l'indifferenza.

Fuggo da sorrisi
che non so ricambiare
e percorro a testa bassa
i corridoi di sempre:
deserti affollati
che mi conducono
e mi condannano.

Cerco rifugio nella mia stupidità.
Per oggi sarò salva.

ANCORA ABBIAMO PERSO QUESTO TRAMONTO - PABLO NERUDA
Di una malinconia infinita questa poesia.
Il ricordo struggente dell'amata, tanto più vivo quanto più è lontana e la tristezza è il sentiero che glielo avvicina.
Forse sarebbe stato più adatto un tramonto sulle montagne, ma per me quello sul mare è più suggestivo e mi predispone a questa lettura.






ANCORA ABBIAMO PERSO QUESTO TRAMONTO

Ancora abbiamo perso questo tramonto.
Nessuno stasera ci vide con le mani unite
mentre il vento azzurro cadeva sopra il mondo.

Ho visto dalla mia finestra
la festa del ponente sui monti lontani.

A volte, come una moneta
si incendiava un pezzo di sole tra le mani.

Io ti ricordavo con l'anima stretta
da quella tristezza che tu mi conosci.

Allora dove eri ?
Tra quali genti?
Che parole dicendo?
Perchè mi arriva tutto l'amore d'un colpo
quando mi sento triste e ti sento così lontana?

Cadde il libro che sempre si prende nel tramonto
e come un cane ferito ai miei piedi rotolò la mia cappa.
Sempre, sempre ti allontani nelle sera
dove corre il tramonto cancellando statue.

L'ODORE DELL'INVERNO - ANTON CECHOV
Nato a Taganrog nel 1860, crebbe in una famiglia economicamente disagiata: il nonno era stato servo della gleba.
Terzo di sei figli, ricevette una educazione religiosissima e dura.
«Mio padre cominciò a educarmi, o più semplicemente a picchiarmi, quando non avevo ancora cinque anni. Ogni mattina, al risveglio, il primo pensiero era: oggi sarò picchiato?».
La madre, Evgenija Jakovlevna Morozova, proveniva da una famiglia di commercianti, anch'essi già servi della gleba: donna gentile e affettuosa con i figli, veniva anch'essa maltrattata dal marito: «nostro padre faceva una scenata durante la cena per una minestra troppo salata, o dava dell'imbecille a nostra madre. Il dispotismo è tre volte criminale».
Anton amava questa donna mite e silenziosa: «Per me non esiste nulla di più caro di mia madre in questo mondo pieno di cattiveria».
Frequentò il liceo nella città natale.
Nel 1879 Cechov si trasferì a Mosca dove si iscrisse alla facoltà di medicina. Laureatosi nel 1884, esercitò solo saltuariamente, in occasione di epidemie e carestie, la professione, dedicandosi invece esclusivamente all'attività letteraria. Nel 1890 raggiunse attraverso la Siberia la lontana isola di Sachalin, sede di una colonia penale, e sulle disumane condizioni di vita dei forzati scrisse un libro-inchiesta, L'isola di Sachalin (1895). Minato dalla tubercolosi, Cechov passò vari anni nella sua tenuta di Melichovo [Mosca], cercando di migliorare la condizione materiale e morale dei contadini. Nel 1895 conobbe Tolstoj, cui rimase legato da amicizia per tutta la vita. Nel 1900 fu eletto membro onorario dell'Accademia russa delle scienze, ma si dimise due anni dopo per protesta contro l'espulsione di Gor'kij.
Soggiornò varie volte, per curarsi, a Biarritz, Nizza, Jalta [Crimea]. Nel 1901 sposò Olga L. Knipper, attrice del Teatro d'arte di Mosca.
In un estremo tentativo di combattere il male, si recò a Badenweiler, una località della Foresta Nera.
Morì qui, nel 1904, assistito dalla moglie. Aveva 44 anni.

dal sito Riflessioni.it con integrazioni sparse dal web.







L'ODORE DELL'INVERNO



Il tempo dapprincipio fu bello,
calmo. Schiamazzavano i
tordi, e nelle paludi qualcosa di vivo
faceva un brusio, come se
soffiasse in una bottiglia vuota.
Passò a volo una beccaccia e
nell’aria con allegri rimbombi.
Ma quando nel bosco si fece
buio e soffiò da oriente un vento
freddo e penetrante, tutto tacque.
Sulle pozzanghere si allungarono
degli aghetti di ghiaccio.
Il bosco divenne squallido, solitario.
Si senti l’odore dell’inverno.