Scende la sera, immobili sono i prati. Il gorgogliare del ruscello assetato silente tutto il giorno si leva di nuovo. Abbandonata è la quasi falciata pianura, silenziose le stoppie..........E lontano sul puro orizzonte vedi pulsante per la prima stella il liquido cielo sopra la collina.

mercoledì 25 aprile 2012

Che giornata strana: sole e freddo a braccietto, il cielo lattescente, un silenzio irreale da giorni di festa. Si festeggia la fine della guerra, una guerra lontana dal mio tempo e dal mio vissuto, intessuta di racconti, quelli di chi era bambino o troppo adulto per voler ricordare. Genitori e nonni, amici o conoscenti che non hanno voglia di raccontare o raccontarsi, temono di farsi investire anche dal dolore, dalla paura, dall'angoscia di quei giorni. Pezzi e bocconi di ricordi. Un mitragliamento da cui si è usciti vivi a 8 anni con le persone accasciate per terra ed aperte in due, la corsa verso casa, la sensazione di aver combinato un guaio tipica dei bambini che non sanno dare una spiegazione accettabile a loro stessi dell'accaduto, come se fossero essi stessi i responsabili di quel disfacimento di carne e di ossa, di quel suono di proiettili e di schianti improvvisi. Oppure la fame, le uova che escono senza guscio perchè le galline patiscono lo stesso digiuno degli umani. Gli aghi di pino inghiottiti e lo sguardo perso nel vuoto della stanchezza di un digiuno protratto fino allo spasimo delle membra e all'oblio della coscienza. La fine che non è mai un inizio, la fine di un tempo scandito da bombardamenti o da notizie ferali che non vuole cedere il passo a nuovi giorni. La guerra civile nelle campagne dell'Emili Romagna, le vendette, i rimorsi che non attecchiscono in mezzo alle erbacce da sradicare. Mense comuni che danno cibo agli sbandati, bambini che tornano a casa dalla Svizzera e trovano più fame e desolazione di quella dell'anima che pensavano aver chiuso dietro di sè da tempo. Adulti ingobbiti dalla stanchezza del vivere quotidiano. Anche questo è stato il 25 aprile 1945, i giorni successivi senza festeggiamenti, i mesi e gli anni a seguire lenti nella loro risalita verso un tempo ed un vivere più umanamente sopportabili. Il cielo grigio che trasfigurava nel lattescente senza mai diventare completamente terso. Quando c'era il sole non smettevano le lacrime di piovere dentro queste anime ferite dalla guerra e dal senso di colpa di essere sopravvissuti a tutto quello sfacelo. ci sono riusciti ed oggi, non vogliamo riuscirci noi che abbiamo ben altre guerre da superare? Mi sento piccola di fronte a tanta desolazione, terre dell'anima ancora oggi ricolme di mine e bombe inesplose. Chi è ancora vivo ricorda a fatica o finge di voler ricordare usando bandiere ed inni ma non vede l'ora che finisca questa fiera della vanità, parate di vinti e vincitori che tentano di trasformare il racconto a seconda del proprio vissuto. Solo gli occhi di un bambino possono dirci veramente cosa sia cambiato da allora senza giudizi storici o condanne, senza aprire le tombe per farne usicre solo un esercito di fantasmi che chiede riposo e pace. Vinti e vincitori oggi dovrebbero tacere ed onorare chi quel mattino non l'ha mai potuto veder sorgere, chi ha lasciato in mare, in terra od in cielo il suo futuro, sospeso in quel senso della morte che solo la guerra trasforma in disfacimento totale ed ineluttabile. Buon 25 aprile a chi è riuscito a vedere quelli successivi senza rancore, senza livore, vivendo finalmente giorni nuovi privi di fame e di morte!

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