Scende la sera, immobili sono i prati. Il gorgogliare del ruscello assetato silente tutto il giorno si leva di nuovo. Abbandonata è la quasi falciata pianura, silenziose le stoppie..........E lontano sul puro orizzonte vedi pulsante per la prima stella il liquido cielo sopra la collina.

domenica 6 febbraio 2011

poesie


Un augurio con queste poesie per tutti gli amici poeti ed i viandanti anonimi che passano da questo blog: che il prossimo futuro vi porti ovunque desideriate e che i vostri occhi indossino sempre quegli occhiali speciali della curiosità e dell'innocenza che rendono tutto poesia.
Di questo autore esiste in rete un sito molto ricco ed interamente dedicato: http://www.wilcock.it/
Vale la pena visitarlo.
Juan Rodolfo Wilcock nasce il 17 aprile 1919 a Buenos Aires, da padre inglese e da madre argentina, ma di origine italiana e svizzera.
Frequenta la facoltà di Ingegneria Civile nell’Università di Buenos Aires da cui si laureerà nel 1943.
Parteciperà alla ricostruzione della ferrovia Transandina e alla costruzione della linea ferroviaria San Rafael-Malargue, come ingegnere delle Ferrovie dello Stato, ma si dimetterà già nel 1944.
Infatti già nel marzo del 1940, esce la sua prima raccolta di poesie, Libro de poemas y canciones, che ottiene prima il Premio Martín Fierro dalla Società Argentina degli Scrittori, e poi, nel marzo del 1941, anche il Premio Municipal, e dal 1942 al 1947 dirigerà le riviste letterarie Verde Memoria e Disco.
Tra il 1941 e il 1942 stringe una solida amicizia con Silvina Ocampo, Adolfo Bioy Casares e Jorge Luis Borges.
"Questi tre nomi e queste tre persone - scriverà Wilcock, anni dopo - furono la costellazione e la trinità dalla cui gravitazione, in special modo, trassi quella leggera tendenza, che si può avvertire nella mia vita e nelle mie opere, a innalzarmi, sia pur modestamente, al di sopra del mio grigio, umano livello originario.
Nel 1951 inizia un lungo viaggio in Europa, assieme a Silvina Ocampo e Bioy Casares, iniziando una attività di traduttore a Londra presso la B.B.C.
Successivamente a Roma insegna letteratura francese ed inglese, collaborando all'edizione argentina dell'Osservatore Romano.
Ha tradotto in spagnolo più di trenta libri dall'inglese, dal francese, dall'italiano e dal tedesco.
In Italia Wilcock stringe amicizie con personaggi come Alberto Moravia, Elsa Morante, Ennio Flaiano, Ginevra Bompiani, Luciano Foà e scrive per giornali come La Nazione di Firenze, il settimanale L'Espresso, e per i quotidiani romani La Voce Repubblicana, Il Messaggero, Il Tempo e altre riviste letterarie.
Nel 1975, Wilcock chiede la cittadinanza italiana. Con decreto del Capo dello Stato, gli viene concessa post mortem il 4 aprile 1979, infatti muore il 16 marzo del 1978 nella sua casa di campagna, nel Comune di Lubriano, in provincia di Viterbo, nell’Alto Lazio.
Verrà sepolto a Roma, nel cimitero acattolico vicino alla Piramide.
Numerose le sue pubblicazioni tradotte in Italiano, Inglese, Francese e Tedesco.

COMUNQUE SIA QUESTO MONDO E' PER TE
Comunque sia, questo mondo è per te.
Mi sono domandato molte volte
a che serviva, e non serviva a niente,
ma adesso grazie a te ritorna utile.
Fa il conto della merce abbandonata
da Dio e prendila, l’hanno fatta per te
millenni di uomini che non ti conoscevano
ma che cercavano di prefigurare
in templi e tombe di roccia e biblioteche
uno stupore come quello che effondi
quando sorridi e fai fermare il tempo
e tutti ammutoliscono rapiti
e ti alzi e dici, «io me ne vado a letto».
Dormi, al risveglio sarà lì il tuo retaggio:
una città che fu famosa assai,
un fiume sporco cantato dai poeti,
il cinema dove hanno ucciso Giulio Cesare;
e intorno valli, montagne, mari, oceani,
e capitali, e continenti e selve,
e piramidi, e versi, e adoratori
della tua forma esterna o quella interna
e in alto il cielo e il sole e le stelle e la luna
e sulla terra le bestie ubbidienti
a te che infine vieni a giustificare
la loro straordinaria varietà.
È FRANCIS TURNER - EDGAR LEE MASTERS

Non è solo il racconto di un ragazzo malato, in fondo.
E' anche quello di un malato della vita: ce ne sono molti la cui anima è fuggita, mentre loro continuano a vivere.
Amaramente.
FRANCIS TURNER
Io non potevo correre né giocare
quand'ero ragazzo.
Quando fui uomo, potei solo sorseggiare alla coppa,
non bere-
perché la scarlattina mi aveva lasciato il cuore malato.
Eppure giaccio qui
blandito da un segreto che solo Mary conosce:
c'è un giardino di acacie,
di catalpe e di pergole addolcite da viti-
là, in quel pomeriggio di giugno
al fianco di Mary-
mentre la baciavo con l'anima sulle labbra,
l'anima d'improvviso mi fuggì.


dall'Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters

NON C'E' - MAURO GERMANI


Non c'è - non ci sarà più
Livorno
o forse soltanto
qualcuno che scrive
su un piccolo foglio,
un'ombra lontana
che segna,
che macchia la terra.




Mauro Germani ha conseguito il 2° Posto Assoluto al Concorso di poesia L’ANTICA BADIA SAN SAVINO, Edizione 2010 conclusosi nello scorso Settembre.
Queste le motivazioni della giuria:
Tempo e destino sono le chiavi tematiche di LIVORNO di Mauro Germani: la memoria del poeta fissa frammenti di realtà isolati, possibili cellule di purezza e pienezza, "destino vero"; ma l'evocazione subito patisce il proprio trascoloramento, conosce la propria precarietà, il precipizio del tempo. L'indecifrabile necessità del nesso fra "leggenda" come premessa luminosa e la sua dissoluzione nell'irreale ha come sua pronuncia più appropriata un tono sommesso di monologo: la sobria asciuttezza del verso, grazie spesso alle figure di ripetizione, si vena e si anima di accorata mestizia.







QUESTA E' LA MIA CASA - MARIO BENEDETTI
Quello di cui non c'è davvero dubbio, è che Mario parli della sua patria.
La parte più pregevole di questa poeis, intesa come piccola perla da ammirare e su cui meditare, è nell'incipit:
"Non c'è dubbio. Questa è la mia casa
qui avvengo, qui
mi inganno immensamente."
Provate a leggere a voce alta, lentamente, girandovi le parole in bocca: non provate anche voi il senso di appagamento che il poeta vuole trasmettere?
E' questa la potenza della poesia, quando la poesia è potente.



QUESTA E' LA MIA CASA



Non c'è dubbio. Questa è la mia casa
qui avvengo, qui
mi inganno immensamente.
Questa è la mia casa ferma nel tempo.

Arriva l'autunno e mi difende,
la primavera e mi condanna.
Ho milioni di ospiti
che ridono e che mangiano,
s'accoppiano e dormono,
giocano e pensano.
milioni di ospiti che si annoiano,
che hanno incubi e attacchi di nervi.

Non c'è dubbio. Questa è la mia casa.
Tutti i cani ed i campanili
ci passano di fronte.
Ma la mia casa è sferzata dai fulmini
e un giorno si spaccherà in due.

E io non saprò dove ripararmi
perchè tutte le sue porte danno fuori dal mondo.

da Soltanto nel frattempo 1948-1950



LA PAGINA FINALE - RODOLFO VETTORELLO
Autore fecondo, apprezzatissimo ovunque pubblichi, le sue poesie sono pervase da quella malinconia propria degli scritti della maturità con predominanza dei temi del tempo e dei ricordi, dell'amore e della morte.
E - tema nel tema - è sempre presente la vita, raccontata con sobrietà, metrica inappuntabile, sentimenti e afflato.

LA PAGINA FINALE

Se mai dovessi
scegliermi un luogo e un tempo per morire,
vorrei che fosse dove e come adesso,
con questa luna bianca appesa in cielo
e una laguna come di metallo.
Che fosse proprio in questo tempo d’ora
e in questo istante che non ho paura.
Vorrei sembrasse come andare lungo
le mulattiere a lato degli stagni
e per sentieri persi tra le canne.
Che fosse come un viaggio solitario
in una notte chiara come questa
che non è tardi ma non è più sera.
Vorrei seguire i passi solitari
dei cacciatori all’alba che si acquattano
per insidiare le anatre di passo.
Straziante questa attesa che finisca
la pagina di un libro che si chiude.
Io leggo sempre adagio; non so farlo
che sillabando, come gli scolari
e quando arrivo al fondo del manuale
rallento perché duri un altro poco
il tempo della pagina finale.

NON TORNARE A PADOVA - GIANNI GRILLO

NON TORNARE A PADOVA


Dovessi tornare a Padova
in un giorno di pioggia
non ti sognare di scendere
nella cripta del Santo

Non lo fare ti prego

C'è un volo d'airone
sospeso nel vento

Davanti a una candela accesa
c'è il mio pianto
e poi nell'aria volano ricordi
come farfalle dalle ali grigie

E non voglio che si sappia

postato da: NATACARLA alle ore 00:46 | Permalink | commenti
categoria:autori italiani, grillo gianni, - dei ricordi, - di luoghi, - di religione, tipo post poesie, - di pensieri
lunedì, 05 aprile 2010
STUPIDITA'
Chiedo perdono agli autori qui presenti.

...............




STUPIDITA'


Questa mattina
bramo l'indifferenza.

Fuggo da sorrisi
che non so ricambiare
e percorro a testa bassa
i corridoi di sempre:
deserti affollati
che mi conducono
e mi condannano.

Cerco rifugio nella mia stupidità.
Per oggi sarò salva.

ANCORA ABBIAMO PERSO QUESTO TRAMONTO - PABLO NERUDA
Di una malinconia infinita questa poesia.
Il ricordo struggente dell'amata, tanto più vivo quanto più è lontana e la tristezza è il sentiero che glielo avvicina.
Forse sarebbe stato più adatto un tramonto sulle montagne, ma per me quello sul mare è più suggestivo e mi predispone a questa lettura.






ANCORA ABBIAMO PERSO QUESTO TRAMONTO

Ancora abbiamo perso questo tramonto.
Nessuno stasera ci vide con le mani unite
mentre il vento azzurro cadeva sopra il mondo.

Ho visto dalla mia finestra
la festa del ponente sui monti lontani.

A volte, come una moneta
si incendiava un pezzo di sole tra le mani.

Io ti ricordavo con l'anima stretta
da quella tristezza che tu mi conosci.

Allora dove eri ?
Tra quali genti?
Che parole dicendo?
Perchè mi arriva tutto l'amore d'un colpo
quando mi sento triste e ti sento così lontana?

Cadde il libro che sempre si prende nel tramonto
e come un cane ferito ai miei piedi rotolò la mia cappa.
Sempre, sempre ti allontani nelle sera
dove corre il tramonto cancellando statue.

L'ODORE DELL'INVERNO - ANTON CECHOV
Nato a Taganrog nel 1860, crebbe in una famiglia economicamente disagiata: il nonno era stato servo della gleba.
Terzo di sei figli, ricevette una educazione religiosissima e dura.
«Mio padre cominciò a educarmi, o più semplicemente a picchiarmi, quando non avevo ancora cinque anni. Ogni mattina, al risveglio, il primo pensiero era: oggi sarò picchiato?».
La madre, Evgenija Jakovlevna Morozova, proveniva da una famiglia di commercianti, anch'essi già servi della gleba: donna gentile e affettuosa con i figli, veniva anch'essa maltrattata dal marito: «nostro padre faceva una scenata durante la cena per una minestra troppo salata, o dava dell'imbecille a nostra madre. Il dispotismo è tre volte criminale».
Anton amava questa donna mite e silenziosa: «Per me non esiste nulla di più caro di mia madre in questo mondo pieno di cattiveria».
Frequentò il liceo nella città natale.
Nel 1879 Cechov si trasferì a Mosca dove si iscrisse alla facoltà di medicina. Laureatosi nel 1884, esercitò solo saltuariamente, in occasione di epidemie e carestie, la professione, dedicandosi invece esclusivamente all'attività letteraria. Nel 1890 raggiunse attraverso la Siberia la lontana isola di Sachalin, sede di una colonia penale, e sulle disumane condizioni di vita dei forzati scrisse un libro-inchiesta, L'isola di Sachalin (1895). Minato dalla tubercolosi, Cechov passò vari anni nella sua tenuta di Melichovo [Mosca], cercando di migliorare la condizione materiale e morale dei contadini. Nel 1895 conobbe Tolstoj, cui rimase legato da amicizia per tutta la vita. Nel 1900 fu eletto membro onorario dell'Accademia russa delle scienze, ma si dimise due anni dopo per protesta contro l'espulsione di Gor'kij.
Soggiornò varie volte, per curarsi, a Biarritz, Nizza, Jalta [Crimea]. Nel 1901 sposò Olga L. Knipper, attrice del Teatro d'arte di Mosca.
In un estremo tentativo di combattere il male, si recò a Badenweiler, una località della Foresta Nera.
Morì qui, nel 1904, assistito dalla moglie. Aveva 44 anni.

dal sito Riflessioni.it con integrazioni sparse dal web.







L'ODORE DELL'INVERNO



Il tempo dapprincipio fu bello,
calmo. Schiamazzavano i
tordi, e nelle paludi qualcosa di vivo
faceva un brusio, come se
soffiasse in una bottiglia vuota.
Passò a volo una beccaccia e
nell’aria con allegri rimbombi.
Ma quando nel bosco si fece
buio e soffiò da oriente un vento
freddo e penetrante, tutto tacque.
Sulle pozzanghere si allungarono
degli aghetti di ghiaccio.
Il bosco divenne squallido, solitario.
Si senti l’odore dell’inverno.

3 commenti:

  1. Adoro leggere queste poesie, riconciliano l'anima con la terra su chi cammino, senti che parlano di tutti anche di te, non ti fanno sentire sola con te stessa. Quando l'odore del mondo diventa insopportabile, vorresti chiudere le narici con dei tappi, smettere di respirare, leggi delle poesie come queste e capisci che il profumo è altro e tu sei solo nel luogo e nel tempo sbagliati! Buona lettura a tutti!

    RispondiElimina
  2. Semplicemente grazie! Quella che ho sentito più vicina alle mie corde è "La pagina finale", anch'io vorrei morire in un bel momento, quando non ho paura, quando meno me l'aspetto!

    RispondiElimina
  3. Si, Grazie Tiziana per l'apprezzamento ad una mia poesia ed alla mie parole di accompagnamento alle altre poesie.
    Carla

    http://natakarla.splinder.com/

    RispondiElimina