Scende la sera, immobili sono i prati. Il gorgogliare del ruscello assetato silente tutto il giorno si leva di nuovo. Abbandonata è la quasi falciata pianura, silenziose le stoppie..........E lontano sul puro orizzonte vedi pulsante per la prima stella il liquido cielo sopra la collina.

venerdì 3 settembre 2010

L'albero della mia famiglia


Confrontandomi con un'appassionata dell'opera cinematografica di Ermanno Olmi, che si fa chiamare Alchemilla, ho ricordato alcuni aneddoti e testimonianze dei miei nonni paterni. Entrambi umbri hanno conosciuto la vita dura e avara di soddisfazione dei contadini e l'apprendistato delle famiglie più umili. Mia nonna era figlia di un mugnaio e godeva di alcuni privilegi che mio nonno invece non possedeva. Il padre di mia nonna era stato il primo ad uscire da un casolare dopo che la sua famiglia per mille anni vi aveva lavorato, vissuto, concepito, senza porsi il problema di andare oltre quelle colline. Si era messo in proprio e con il mulino ad acqua macinava il grano per i suoi clienti trattenendone una parte da rivendere, per ricavare il necessario per mantenere una famiglia. Mio nonno invece era stato abbandonato da sua madre che aveva scelto una famiglia di contadini per farlo crescere. Nel registro del comune allora non si segnava solo la data di nascita ma anche quello che la donna aveva consegnato alla nuova famiglia adottiva: un vero corredino, del denaro, donando al figlio il proprio cognome ed una registrazione all'anagrafe di allora. Mio nonno Ruggero ha lavorato la terra fino a poco prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale. Si trovava nelle miniere di Villeroux in Francia al confine con il Belgio, dove aveva deciso di lavorare per uscire dall'Italia e per non rimanere a vita su quei campi come forza lavoro. I francesi presero tutti i minatori italiani e li misero su un treno lasciandoli per 48 ore senza cibo ne acqua in attesa di sapere quello che l'Italia avrebbe scelto di fare, e fortunatamente fu dichiarata la non belligeranza. Riuscì così a ritornare in Umbria. Pochi mesi dopo nel maggio del 1915 fu arruolato come fante nell'esercito italiano ed il suo battaglione era composto da persone provenienti dalla stessa zona, Assisi, Foligno e Perugia. Questo per consentire la comunicazione verbale, visto che all'epoca gli italiani ancora erano per la maggiorparte analfabeti, la lingua italiana la parlavano in pochi, ancora meno la scrivevano e la leggevano. Il dialetto era una lingua vera e propria. Si interrompevano le scuole in II o III elementare. Arrivare in V era già un successo. Mio nonno aveva finito la V elementare, mia nonna era arrivata al III anno. Tra i ricordi della sua vita da contadino c'è una coppia di buoi che solo lui riusciva a far lavorare trainando l'aratro, per la continua frequentazione e l'amicizia che li univa. Aveva dato loro un nome e gli parlava come se fossero umani. Antropomorfizzare il nostro rapporto con gli animali è un abitudine antica come l'uomo ed il mondo in cui vive. Noi oggi parliamo con gatti e cani, pappagalli e merli, un mio amico apicoltore chiama le sue api " le mie bambine". Mio nonno non era certo diverso da noi in questo. In più aveva conoscenze collegate al suo lavoro: l'arte della potatura, la conoscenza delle stagioni e dei messaggi della natura, la terra ed i suoi frutti, l'odore dell'aria prima di un temporale, il colore del cielo o dell'aria quando sta per arrivare una grandinata od una tromba d'aria, i suoni della vita animale ed i segni del tempo. Il suo giardino era splendido, adorava le piante da frutta, le innestava, le cresceva con amore e dedizione. Mio padre ricorda ancora certe prugne che oggigiorno sono scomparse, delle mele che non riesce più a trovare, estinte e sostituite da poche altre specie che ci servono nei supermercati. In certi quadri si studia la varietà di certi frutti e fiori europei estinti come certe razze animali. Ritornando a mio nonno Ruggero grazie al lavoro nelle miniere in Francia, paradossalmente grazie alla Guerra, aveva potuto conoscere il mondo che per i suoi conterranei era limitato a poche vallate oltre le quali non si erano spinti. La guerra oltre alla morte ed alla distruzione fa conoscere ai sopravvissuti nuovi paesi, nuove idee, fa incontrare persone che mai altrimenti si sarebbero conosciute. I mezzi di trasporto e le possibilità economiche allora non consentivano grandi viaggi se non alle classi più abbienti. Tornato dalla guerra sano e salvo mio nonno entrò come manovale in ferrovia riuscendo così ad andare a vivere in città. Mia nonna, seconda figlia su quattro di un mugnaio, da bambina era andata ad Assisi per apprendere l'arte del ricamo presso una famiglia che in cambio del suo lavoro le permetteva un apprendistato da sarta e creatrice di corredi, la alloggiava e la nutriva. Non si era sporcata le mani con la terra da arare come molte sue coetanee, era diventata una buona sarta e giovanissima aveva sposato mio nonno andando a vivere con lui a Castellammare-Adriatica, futura Pescara, negli Abruzzi che allora comprendevano anche il Molise, destinazione decisa dalle Ferrovie ovviamente. Rispetto alle loro famiglie d'origine avevano migliorato le loro condizioni di vita. Potevano permettersi le vacanze estive a Falconara, costruirsi una casa che poi la crisi economica del 1929 si mangiò obbligandoli a rivenderla per poi lentamente ricostruirsene un'altra. I tempi erano più dilatati rispetto ai nostri. Passarono diversi lustri prima di rivedere completata la loro nuova casa. Oggi si cambia appartamento o si costruisce una villetta grazie ai mutui ed alla busta paga di un lavoro a tempo indeterminato. Si cambia città, famiglia, moglie o marito con la stessa velocità degli spostamenti aerei. Certe famiglie viaggiano fisicamente ed emotivamente come nella posta pneumatica: l'usa e getta si trasferisce dalla spesa e dalle compere ai sentimenti. Quando mia nonna è morta ho trovato fra i suoi libri " Cime tempestose", "Jane Eyre", adorava evidentemente le sorelle Bronte. Aveva la terza elementare eppure leggeva due settimanali, era informata su quello che accadeva nel mondo, non si può dire certo altrettanto di molti giovani che non conoscono neppure la storia del loro paese e la geografia "questa sconosciuta" fa rima con amnesia. Diamo ai nostri figli oggi mille stimoli diversi senza pensare più alla qualità degli stessi, un tempo gli stimoli andavano conquistati. Li bombardiamo di attività sperando che diventino famosi o piccoli geni, snaturando la loro crescita emotiva e fisica. I miei nonni per far studiare i propri figli si sono sacrificati non poco sgnando un futuro migliore, grazie a condizioni di lavoro meno faticose che lo studio garantiva. La penna pesa meno di una zappa, dicevano! Potevano investire le loro fatiche ed i loro sforzi nel futuro perchè un futuro allora c'era, avevano mille speranze e sapevano che i loro figli un giorno studiando avrebbero migliorato la propria esistenza. Mille possibilità pronte a spalancare porte e svelare percorsi prima d'allora impossibili anche solo da immaginare permetteva di sperare e di sognare. Che lusso poter disporre dei sogni e del tempo per realizzarli! Le loro scelte hanno consentito altre scelte. Un privilegio che io temo di non possedere fino in fondo. Nei prossimi giorni continuerò a ricordare le vicende familiari che mi hanno fatto diventare quella che sono, almeno in parte. Ermanno Olmi con il suo film -L'albero degli zoccoli- ha aperto un vaso di ricordi colmo fino all'orlo. Mi aiuterà a fare ordine in quegli spazi della memoria che vale la pena di preservare per rammentare a mia figlia da dove proviene e forse aiutarla a capire dove vuole andare.

2 commenti:

  1. Hai fatto fare anche a me un tuffo nel passato remoto e ricordare con tenerezza i miei nonni, soprattutto quelli materni, morti entrambi centenari. Di mia nonna ricordo in particolare la cura con cui spazzolava le scarpe di tutti noi quando veniva a stare per qualche giorno a casa nostra. Diceva sempre che un vero signore si riconosce dalle scarpe ben pulite e lucide! Beh, non ci crederai, ma questo concetto ho voluto trasmetterlo anche ai componenti della mia famigliola, ed ogni volta che vado a trovare mio figlio passo in rassegna tutte le sue scarpe, provvedendo a dar loro una bella spazzolata!:)

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  2. Bentornata! Mia zia un giorno osservò che io, da ragazza, quando tagliavo a fette il pane toscano raccoglievo le briciole cadute sulla tovaglia e dal palmo della mano le ridepositavo nel piatto. Mi chiese perchè lo facessi, se me lo avesse insegnato qualcuno, ed io le risposi che mi veniva spontaneo farlo. Premetto che non ho mai vissuto con mio nonno paterno a stretto contatto ed in quell'occasione venni a sapere che era una sua abitudine inveterata da me ripresa senza ricevere alcun testimone. Per le scarpe invece era mio padre quello che le passava in rassegna per spazzolarle e questa incombenza era finalizzata alla cura della sua persona, della sua eleganza. Ci teneva tantissimo da giovane e, poteva permetterselo con il fisico che la natura gli aveva donato. Quando si è sposato con mia madre era lui che la portava dalla sarta, sceglievano insieme le stoffe ed il modello, le comprava gli accessori e crescendo mi sono convinta che la sua naturale ricerca della bellezza fosse a volte esagerata. Mia madre però era felice di tutte quelle accortezze e si faceva guidare, con grande soddisfazione di entrambi, nelle scelte del suo guardaroba. A volte faceva emergere il suo gusto comprando dei capi molto naif, più giovanili e colorati, per poi rientrare nei ranghi. Per le scarpe poi aveva un'insana passione. Ne possiedo ancora un bel numero che spero mia figlia indossi, crescendo. Io faccio fatica a camminare sui tacchi, ho tentato ma sembro sempre in procinto di cadere e la postura è quantomeno buffa, perciò quelle meravigliose scarpe sono ancora lì, nuove o seminuove ad aspettare che qualcuno le faccia tornare in vita. Conservo ancora nella memoria olfattiva i profumi, invece, della cucina e del bucato di mia nonna paterna. Certi sughi od arrosti, perfino le insalate profumavano di erbe aromatiche e di frutta. Il sapone di marsiglia e chissà cos'altro rendevano le lenzuola così profumate e fresche da non voler più uscire da quel letto al mattino. Mio nonno, suo marito, l'aiutava nelle faccende domestiche, faceva la spesa, mio padre ha imparato da lui ad aiutare mia madre in casa. In più cucinava e cucina con vera passione. Mia figlia nei giorni scorsi prima di tornare a Pavia ha chiesto di riassaggiare il suo piatto forte: la parmigiana di melanzane cucinata alla umbra. Un capolavoro sia calda che fredda. Ricordare le loro vite mi rende consapevole del privilegio di averli conosciuti, di averli visti vivere insieme con grande rispetto ed affetto. Il loro matrimonio era composto da un inseguitore e da un'inseguita nel senso che mia nonna era stata invitata-obbligata a scegliere l'uomo che i suoi genitori le consigliavano di sposare. Non ne era innamorata ma ha compreso velocemente che lui invece l'amava profondamente, fra loro c'era una differenza di 13-14 anni. Sul finire della sua vita, quando è morta mia madre, ha ammesso di essere stata molto fortunata ma che mio padre aveva avuto la possibilità di scegliere e di essere scelto, quindi seppur il suo legame fosse durato "solo" 29 anni erano stati giorni infiniti di amore corrisposto. Un vero lusso per lei e tutte le donne di una certa epoca. Un lusso che perfino io non ho conosciuto considerando quello che è accaduto della mia vita in questi ultimi mesi. Ricordare le loro vite ridimensiona la mia, la pone sotto una luce diversa. Per questo motivo mi sono lasciata andare ai ricordi, ho ripreso la memoria in mano per non disperderla come sabbia tra le dita, utilizzandola per comprendere la realtà del presente senza mistificazioni o peggio ancora giustificazioni. Buona giornata!

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